La Direttiva Habitat del 1992 e la Direttiva Uccelli del 1979 costituiscono strumenti fondamentali per il conseguimento dell’obiettivo dell’Unione Europea di “fermare il declino della biodiversità” entro il 2010. Il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, ha fatto proprio tale obiettivo, impegnandosi nell’ambito della Strategia Ue per la Biodiversità, varata nel 2011.
Lo studio affidato alla LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), che si è concretizzato in un Rapporto tecnico finale sullo “Stato di conservazione dell’avifauna italiana”, si inquadra quale contributo sostanziale verso l’implementazione della Strategia Ue per la Biodiversità inserendosi in un percorso ormai avviato con decisione dal Ministero verso la piena realizzazione della Rete Natura 2000 e verso la piena implementazione delle Direttive sopra citate.

Già nel 2005 erano state definite, a livello comunitario, le premesse tecniche e metodologiche alla realizzazione di questo lavoro. In quell’anno, infatti, il Comitato Habitat ha definito le linee guida per monitorare lo stato di conservazione delle specie e degli habitat tutelati dalla Direttiva Habitat, al fine di ottemperare ai precisi obblighi dettati dall’articolo 17 della Direttiva stessa. Queste linee guida richiedono che gli Stati membri forniscano una valutazione dello “stato di conservazione” attuale delle specie e degli habitat, un’indicazione delle tendenze demografiche e un’indicazione del “Favourable Reference Value ” (da qui FRV), o “ Valore di Riferimento Favorevole ”.
Lo stato di conservazione è considerato soddisfacente se i dati relativi alla popolazione di una specie mostrano una buona probabilità di persistenza a lungo termine, se la sua abbondanza e distribuzione risultano stabili o in incremento, se infine gli stessi habitat utilizzati dalla specie sono considerati sufficienti per garantirne nel lungo periodo la persistenza.

Per alcuni gruppi di uccelli, ad esempio gli svernanti acquatici, esiste in Italia una discreta conoscenza soprattutto a partire dall’inizio degli anni ’90. Il CISO (Centro Italiano Studi Ornitologici) ha monitorato la distribuzione degli uccelli nidificanti in Italia attraverso un progetto “Atlante”, e più recentemente molte regioni, ad esempio Lombardia, Lazio, Piemonte ed altre hanno realizzato atlanti regionali o provinciali. Dal 2000 ad oggi è stato realizzato il progetto MITO (Monitoraggio italiano ornitologico), che ha preso in considerazione il monitoraggio delle 103 specie più comuni in Italia secondo lo schema dell’EBCC (European Bird Common Census).
Questi lavori ad ampia scala geografica, unitamente a pubblicazioni e dati referenziati inerenti la scala locale, forniscono informazioni rilevanti per definire lo stato di conservazione di alcune specie incluse nell’Allegato I della Direttiva Uccelli. Anche lo status fenologico delle singole specie influenza la definizione dello stato di conservazione, rendendola maggiormente articolata per le specie migratrici la cui conservazione non dipende solo da quanto accade in Italia.

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