Di rosso, in realtà, questa specie non ha che una evidente striatura tra capo e collo. Anche parte delle copritrici presentano la tipica sfumatura rossastra, che ha dato il nome alla specie.
È però nell’eleganza dell’aspetto, nella lunga barba in parte bluastra, argentata e, appunto, rossa, che questa specie dà, come si suol dire, il meglio di sé.
A differenza di altre specie di aironi, ha sofferto non solo per secoli di abbattimenti, finalizzati ad accaparrarsi le preziose piume.
L’airone rosso tra la caccia dell'uomo e la desertificazione del suo habitat.
È stata la siccità e la progressiva desertificazione dei quartieri di svernamento a falcidiare le popolazioni, anche in tempi recenti, mentre alle nostre latitudini le zone umide, se pure sempre più ristrette, offrono ancora condizioni idonee per il completamento del ciclo riproduttivo.
La porzione meridionale della regione paleartica coincide con buona parte dell’areale di presenza di questa specie, che abita anche l’Africa orientale e meridionale.
Sottospecie.
Altre sottospecie abitano Capo Verde, il Madagascar e il sud-est asiatico, con una popolazione ampiamente distribuita eppure sempre più rara e minacciata sia all’interno che al di là dei confini del vecchio continente.
Rispetto ad altre specie della stessa famiglia, l’Airone rosso si distingue anzitutto per il piumaggio. Importante ed elegante è il ciuffo di piume che scende dal becco fino al collo, con una varietà cromatica notevole che va dal bruno al rossiccio, con la parte centrale nerastra, come il capo e la parte superiore del becco. Bruno-nere appaiono invece le parti inferiori, mentre altre importanti penne dorate emergono dal dorso.
Più piccolo dell’Airone bianco maggiore, l’Airone rosso non supera di solito i 90 cm in lunghezza, per un’apertura alare comunque in grado di raggiungere il metro e mezzo.
La parte principale della sua dieta.
Pesci e anfibi costituiscono la parte principale della sua dieta: quale tecnica di caccia, la specie sfrutta solitamente lunghi appostamenti, sulla vegetazione prospiciente gli specchi d’acqua dove, peraltro, nel canneto più fitto, porta a termine il proprio ciclo riproduttivo. Una volta individuata la preda, la cattura abilmente immergendo nell’acqua il collo e infilzandola, all’occorrenza, tramite il becco sottile e aguzzo.
In Europa, la distribuzione dell’Airone rosso è prevalentemente concentrata nelle regioni centrali e meridionali. A livello nazionale, la specie nidifica regolarmente in Pianura Padana, dalle Valli di Comacchio alla Laguna di Venezia, dal Mantovano alle principali aree risicole della pianura lombardo-piemontese.
In prevalenza è nidificante e migratore, mentre l’Italia viene scelta solo occasionalmente quale quartiere di svernamento.
Stato di salute.
Minacciato in tutta l’Unione europea, l’Airone rosso presenta una popolazione non superiore, attualmente alle 7.800-9.200 coppie – pari a circa un quarto della popolazione continentale – in forte declino tra il 1970 e il 1990, seguito da parziale stabilità.
Anche a livello continentale lo scenario non appare favorevole, con un moderato declino negli ultimi anni del secolo scorso, mentre la popolazione complessiva che completa il proprio ciclo riproduttivo entro i confini del vecchio continente è attualmente stimabile in 29-42mila coppie.
Protezione della specie.
L’Italia, che protegge attivamente la specie tramite la propria legislazione venatoria, potrebbe ospitare tra le 1.800 e le 2mila coppie, una popolazione stabile o in moderata crescita nell’ultimo ventennio, in controtendenza con quanto registrato a livello comunitario e continentale.
Un dato confortante che nulla toglie alla grande responsabilità del nostro Paese per la tutela della specie, essendo la popolazione nidificante in Italia pari a circa un quarto del totale censito a livello comunitario.
Più nel dettaglio, il trend positivo della popolazione italiana risale già agli anni Ottanta, quando – il dato è del 1981 – a nidificare entro i confini nazionali era una popolazione di sole 700 coppie, distribuite in 71 colonie.
Già nel 1986 le colonie erano cresciute a 106, mentre la popolazione aveva raggiunto le mille coppie. Uno degli ultimi censimenti risale al 2002, con ben 290 colonie e una popolazione stimata in 2.268 coppie.
L’andamento altalenante delle precipitazioni in Africa spiega alcune delle fluttuazioni registrate in Italia a livello locale, anche se il generale incremento è sicuramente da ascrivere alla diminuzione del bracconaggio e alle migliorate condizioni riscontrate nella maggiore parte dei siti.
Minacce.
Le stime più recenti parlano di una popolazione nidificante nell’Italia settentrionale oramai superiore alle 2mila coppie. La maggior parte di queste nidifica nelle aree umide del nord-est, 1.529 coppie censite tra Trieste e Ravenna.
Solo 440 scelgono l’Italia nord-occidentale, pur con presenze localmente abbondanti e in generale incremento in particolare nelle aree risicole della bassa lombarda e piemontese.
Particolarmente significativo l’aumento registrato dalle popolazioni tra il 1988 e il 1999, mentre nell’Italia centrale le stime più recenti parlano di una presenza ancora localizzata ma in incremento negli anni recenti.
Fa eccezione l’Italia meridionale, dove il trend positivo si è prima ridimensionato e poi interrotto già a partire dalla seconda metà degli anni Novanta.
Posta la grande correlazione esistente tra popolazione nidificante in Italia (e in Europa) e condizioni riscontrate nei siti di svernamento, risulta evidente il beneficio portato alla maggior parte delle popolazioni italiane da una lotta sempre più serrata al bracconaggio.
L’abbattimento diretto degli individui ha infatti costituito una delle principali minacce che, negli ultimi due secoli, ha pesato sulla specie, notevolmente ridimensionata solo quando le legislazioni nazionali hanno vietato il prelievo venatorio della specie e protetto adeguatamente le garzaie.
Attualmente, le principali minacce per la specie riguardano la fragilità di alcune colonie, non adeguatamente al riparo dal disturbo antropico.
Un fattore potenzialmente grave per la specie, essendo gli habitat idonei immensamente più ristretti – a causa delle grandi bonifiche – rispetto alla loro consistenza storica. L’Airone rosso sembra soffrire inoltre in modo particolare il progressivo affermarsi di tecniche di coltivazione risicola non compatibili con le esigenze ecologiche della specie.